Origini a medioevo
Il Teatro medievale
Durante il periodo medievale, lo spazio adibito a luogo scenico principale è stato quello offerto dai locali della chiesa in cui, nel corso delle funzioni religiose si mettevano i scena passi tratti dal vangelo e commentati dal sacerdote e dal coloro che prendevano parte alla funzione. Col passare del tempo queste rappresentazioni iniziarono ad assumere una loro autonomia propria fino a spostarsi fuori dalla chiesa, infatti questa, intesa come spazio architettonico, presto divenne troppo stretta per poter accogliere ed ospitare facilmente un certo numero di persone desiderose di assistere allo svolgimento delle rappresentazioni sacre. Il problema, c'è da dire, non riguardò soltanto il punto di vista volumetrico, inteso come spazio occupato dagli astanti, ma anche quello relativo alla libertà espressiva. Per ovviare a questo problema si iniziarono presto (cioè fin dalla fine del Trecento) a costruire dei "palcoscenici" nei sagrati all'esterno delle chiese e la conseguenza fu proprio la nascita di rappresentazioni teatrali con tematiche profane (dal greco pro fanòs che significa proprio prima/fuori dal tempio). Nel 1264, in occasione dell'istituzione della festa del Corpus Domini, poiché il sagrato si dimostrò inadatto ad ospitare eventi tanto solenni e magnificenti, la rappresentazione si sposta in piazza. Qui l'interpretazione venne affidata ad attori conosciuti per la loro bravura e non più da chierici e le mansiones (da mansio = piccola casa) si arricchiscono di botole, trabocchetti, gru e fumo per simulare resurrezioni, cadute nell'inferno, voli di angeli ed antri infernali. Dopo il 1300, però, le confraternite avocarono a sé l'onere di organizzare gli spettacoli, coadiuvati dalle corporazioni, che si preoccupavano della costruzione e dell'arredamento delle scene. Dopo la piazza, il teatro si sposta nella città stessa attraverso le vie (soprattutto nel Seicento). Di queste rappresentazioni è rimasto qualche aspetto: nella festa del carnevale ancora oggi questi carri si spostano per le vie della città e mettono in scena uno spettacolo. Le principali Moralities Mankind lotta con la morte nell'Everyman Tra i morality plays inglesi, ne sono giunti a noi una dozzina, di cui il più antico e lungo è The Castle of Perseverance (il Castello della Perseveranza), strutturato da 3650 versi e composto da autore ignoto intorno al 1425 circa. Protagonista è Mankind (Umanità), il quale gira per i luoghi di Avarizia, Dio, Mondo e Carne circondato dai vizi e dalle virtù che, rispettivamente, lo tentano e lo consigliano, permettendogli di raggiungere il castello. Il Morality Play più famoso è l'Everyman, della fine del Quattrocento (1495 circa), di 921 versi. Il protagonista, Ognuno, è colto nel momento cruciale in cui Morte viene a prenderlo e si sente impreparato a seguirla; Ognuno cercherà aiuto fra i suoi presunti amici terreni come Ricchezza, Bellezza e Amicizia ma tutti lo abbandonano tranne Buone Azioni che scenderà con lui nella fossa. Everyman è un dramma dell'umanità in quanto dramma eterno dell'uomo. L'elemento comico si fonde con quello tragico attraverso il tentativo di Ognuno di corrompere la Morte con il denaro. Morality play nella storia del teatro Un diagramma illustra la disposizione delle mansiones nel The Castle of Perseverance (Il castello della perseveranza). Questa è un morality play del XV secolo di autore anonimo. Datato all'incirca in un periodo che va dal 1425 al 1440, è il primo manoscritto teatrale in medio inglese pervenutoci nella sua interezza. Si compone di circa 3649 versi e l'originale è conservato presso la Folger Shakespeare Library di Washington. Oltre al valore storico e filologico, The Castle of Perseverance ha seria importanza nella storia del teatro: a differenza di altri morality plays, infatti, nel manoscritto era incluso un bozzetto di scena dal quale è stato possibile ricostruire lo svolgimento della rappresentazione. Il ruolo delle sacre rappresentazioni nella storia del teatro è di estrema importanza perché, soppresso l'istituto teatrale dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, questo venne ricreato ad opera della Chiesa. Le moralities, tuttavia, sebbene portassero in scena argomenti a carattere religioso e didattico, trovarono osteggiamento da parte dei canonici ortodossi. Gli allestimenti erano spesso organizzati da società laicali o di buontemponi, non dall'istituto ecclesiastico. Le rappresentazioni, inoltre, furono via via più studiate, ricercate e complesse, sia nella struttura scenica che nei costumi ed effetti speciali: questo portò la Chiesa a credere che ci si scostasse troppo dalla serietà per avvicinarsi ad una forma di intrattenimento che avrebbe potuto distrarre i fedeli. D'altro canto, la società medievale non vedeva di buon occhio l'attività di artisti girovaghi come le società di buontemponi. Le moralità, nonostante la vivida diffusione, furono sempre più osteggiate fino a ridurre la propria attività didattica nelle comunità scolastiche, universitarie e curtensi. Confluirono poi nel teatro degli interludi. Il Vice Tra i personaggi di spicco dei Morality play c'è il Vice che rappresenta la personificazione di vizi e virtù che prendono il sopravvento sull'animo umano. Se le virtù, nei Morality play sono viste come messaggeri di Dio, i vizi sono strettamente collegati al Diavolo. Originariamente il ruolo del Vice non era comico: la parola "Vice" deriva dal latino vitium, cioè "difetto, imperfezione". Il personaggio del Vice si sviluppò dal buffone, ma altri antenati del Vice si possono riscontrare nei personaggi dei primi Morality plays. In epoca elisabettiana il Vice divenne il "villano" e ne abbiamo delle testimonianze nei drammi di Shakespeare come Riccardo III, Otello, Enrico IV e Le allegre comari di Windsor. Il Vice può essere considerato come una rappresentazione allegorica dei sette vizi capitali, o più generalmente, come il ritratto del diavolo. Il Vice spesso stabilisce un contatto con il pubblico rivelando i suoi piani, attraverso soliloqui o monologhi.